Tag

,


Dalle lettere dei soldati a Stalingrado alle loro mogli, dicembre del 1942

Tratte dal libro “Ultime lettere da Stalingrado“, queste due lettere furono scritte presumibilmente nel dicembre del 1942. Non arrivarono mai alle famiglie: Hitler le fece sequestrare per evitare che trapelasse il morale delle truppe abbandonate sul Volga e che ciò fiaccasse in Germania la sua propaganda imbottita di gloria. Furono pubblicate negli anni successivi, dopo essere state trovate negli archivi dell’esercito. Soldati che hanno visto e commesso le peggiori atrocità, affamati, circondati di morti, di corpi smembrati, di disgraziati senza arti e che urlano di dolore in attesa di cure che non arriveranno mai, non possono che pensare al calore d’amore della loro sposa. Sanno di essere votati alla morte, la attendono senza piagnistei inviando un ultimo saluto ai loro cari. Un ultimo saluto ignaro della censura e affidato all’ultimo aereo che lasciò Stalingrado.

Ti scrivo ancora una volta e poi mai più. Ho pensato a lungo cercando di formulare questa frase così importante, però da dirtela in modo da non farti tanto male. Mi congedo da te. Si tratta di vedere quanto ancora noi dureremo, forse un paio di giorni o un paio d’ore. Abbiamo davanti agli occhi la nostra vita. Ci siamo rispettati e amati e abbiamo atteso per due anni. E’ stato giusto, in un certo senso, che il tempo ci abbia diviso: ha aumentato il desiderio di rivederti, ma anche ha facilitato il distacco. E sarà il tempo a rimarginare la ferita perché io non ritorno. A gennaio avrai ventotto anni, è ancora un’età molto giovane per una donna tanto bella, ed io sono contento di averti sempre potuto fare questo complimento. Sentirai molto la mia mancanza. Lascia passare un paio di mesi, ma non di più. Gertrud e Claus hanno bisogno di un padre. I bambini dimenticano in fretta, soprattutto alla loro età. Guarda bene all’uomo che scegli, sta’ attenta ai suoi occhi e a come stringe la mano, come abbiamo fatto noi, e non sarai delusa. Una cosa soprattutto: educa i bambini a diventare gente che può camminare a testa alta e che può guardare in faccia tutti. Ti scrivo queste righe col cuore pesante, ma non ti preoccupare perché non ho paura di ciò che avviene. Ripetilo sempre e continuamente, e anche ai bambini, quando saranno più grandi, che il loro padre non è mai stato un vigliacco e che anche loro non dovranno esserlo mai.

Volevo scriverti una lunga lettera, ma i miei pensieri continuano a sfasciarsi come quelle case colpite dal fuoco delle artiglierie. Ho ancora dieci ore di tempo prima che parta questa lettera. Dieci ore sono lunghe quando si attende, ma brevi quando si ama. Da queste parti mi sono risanato: non conosco più raffreddori né influenze: questa è l’unica cosa buona che la guerra mi ha dato. Un’altra cosa mi ha dato: la coscienza di amarti. Un ponte da cuore a cuore, per tutta l’enorme distanza. Attraverso questo ponte, ti ho scritto della mia vita di ogni giorno e del mondo in cui viviamo. Se tornassi vorrei dirti la verità, e non parleremmo mai più di guerra. Ora saprai la verità prima che io volessi: l’ultima verità. E non sono più capace di continuare a scrivere. Ci saranno ponti finché ci saranno rive, e dovremmo solo avere il coraggio di incamminarci su di essi. Uno di questi ponti va verso di te, l’altro verso l’eternità. Domani mi incamminerò sull’ultimo ponte, così i letterati chiamano la morte, ma tu sai che mi è sempre piaciuto ornare un po le cose per il piacere delle parole e del suono. Tendimi la tua mano, così il cammino non sarà troppo difficile.

Due anonimi soldati Wehrmacht


Lascia liberamente un commento! Grazie